La fattoria dei gelsomini di Elizabeth Von Arnim

Questo piccolo, splendido romanzo è l’ennesima chicca tra i titoli Fazi. Mi ha letteralmente conquistata. Mi fa fatto ridere fino alle lacrime, interrogarmi e riflettere.

Siamo nella dimora della marchesa Daisy Midhurst che ha invitato alcuni dei suoi amici a trascorrere con lei e la figlia Terry il fine settimana. 

Purtroppo le cose non vanno come di consueto. 

Pare che due ospiti abbiano una relazione. Uno dei due è sposato, quindi, sì le aberranti campane dello scandalo suonano con tutto il loro vigore. 

Il mondo delle finzioni aristocratiche, dei bei salotti londinesi, impera in tutta la sua flemmatica nobiltà.

Ciò che conta è salvare le apparenze, sempre e comunque. A qualunque costo.

certo la ricchezza e la posizione sociale erano insidie che Lady Midhurst si trovava a dover affrontare, unite ad alcuni aspetti decisamente spiacevoli della sua personalità, come per esempio l'abitudine di tingersi i capelli con l’hennè, quando era ormai evidente che fossero grigi da tempo, o il fatto che non volesse lasciar sfiorire la giovinezza senza opporvi resistenza armata di trucco, rossetto e smalto rosso sulle unghie..”

Daisy, che è sempre attenta agli amici e che vuole aiutarli quando sono vicini al disastro scostandoli però quando vi sono precipitati perché lei intende aiutarli a prevenire e non a salvare, è una maestra in fatto di politically correct. La dimora dei Midhurst viene successivamente invasa da Mrs De Lacy che dal disastro desidera trarne dei vantaggi per sé e la figlia Rosie. La donna, volgare e piena di sé, intende stringere amicizia con la marchesa perché la introduca nel bel mondo. Per Daisy è troppo. La portata della sciagura è talmente devastante che preferisce scappare via da Londra e rifugiarsi nella fattoria dei gelsomini, in Provenza, l’ultimo luogo in cui ventisei anni prima è stata felice accanto al marito.

I pochi giorni trascorsi immersa nella natura a contatto con quei luoghi che hanno conosciuto la sua felicità di giovane sposa sono occasione di profonda riflessione.

Daisy arriva a comprendere che nessuno deve giudicare nessuno in special modo se non si ha nutrito un sentimento simile a quello oggetto di giudizio

“qualunque cosa avesse fatto, non meritava tanto accanimento. E poi: chi era lei per giudicare, lei che non aveva avuto passioni o fantasie e non sapeva a quali altezze e estreme e profondi abissi potessero condurre una giovane donna sulle loro ali splendenti e infuocate?”

Daisy riesce a guardarsi nella sua meschinità di donna che si è negata ogni impeto, ogni passione e che forse, con il defunto marito, avrebbe potuto comportarsi diversamente.

Leggere la Von Armin è stato uno splendido viaggio che mi ha fisicamente trascinata tra le sue meravigliose pagine in cui serpeggia una costante ironia intrisa di un romanticismo di fondo di cui la narrazione è innegabilmente pervasa.

Come quando ci si siede in giardino accanto ad un’amica che non ha paura di rimproverarci quando abbiamo fatto qualcosa di stupido. Un’amica che non ride di noi ma con noi e che ci mette impietosamente di fronte alle nostre azioni.

Un’amica che ci vuol bene con tutti i nostri difetti o forse proprio per quelli.

Questo romanzo mi ha fatto innamorare della Von Armin in cui ho trovato una penna ironica e maledettamente coinvolgente. Voglio leggere altro. Voglio leggere tutto.


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