Il vagabondo delle stelle di Jack London



“Ho sempre avuto, nel corso della mia intera esistenza, la netta sensazione di aver vissuto in altri tempi ed in altri luoghi”

Questa la prima riga del meraviglioso romanzo di Jack London. L’ultimo pubblicato prima della sua morte prematura.

Siamo tra le mura del temibile carcere di San Quentin ove il prof. Darrell Standing vede tramutata la sua condanna all’ergastolo in condanna alla pena capitale perché avrebbe colpito un secondino.

Le disumane condizioni carcerarie nella California del primo Novecento emergono ad ogni pagina attraverso la narrazione delle angherie e delle vessazioni subite dai detenuti. Il ricorso alla camicia di forza era strumento usato per piegare gli animi ed i corpi degli sventurati costretti a subirla.

L’elemento di profonda originalità sta nel fatto che il prof. Standing comprende la possibilità di estraniarsi dal proprio corpo, di darsi la “piccola morte”. Bisogna desiderare intensamente la morte di ogni singolo arto per liberarsi dai lacci asfissianti della camicia di forza e potersi, finalmente, muovere tra le stelle.

"Quando è morto l’intero corpo e tu sei ancora lì, non devi fare altro che uscire dalla tua pelle. Lasciato il corpo, lasci anche la cella. Mura di pietre e porte di ferro servono a imprigionare i corpi ma non possono rinchiudere lo spirito. Sei spirito fuori dal tuo corpo."

Le ferite riguardano solo il corpo che è materia e per ciò solo condannato a dissolversi ma non lo spirito. Lo spirito è immortale e conserva il ricordo delle sue infinite incarnazioni.

Ed è così che il prof. parte per i suoi viaggi tra le stelle rivivendo alcune delle sue esistenze passate.

Vi sono delle pagine stupende che lasciano il segno per la loro intensità

“Sono morto di fame e di freddo, tra i flutti e in battaglia. Ho raccolto bacche sulla brulla cresta del mondo, mi sono nutrito di radici strappate. Ho attraversato le ere. Sono morto centinaia di volte…”

Intenso, unico, travolgente. Un romanzo di denuncia sociale ma anche di stampo filosofico per la centralità del concetto della metempsicosi. Gli innumerevoli ricordi accumulati nel corso delle vite precedenti rivivono negli eterni ritorni. Perchè tornerà. Chiunque di noi tornerà.

Un romanzo che è tanto e tante cose insieme come il suo autore.

Stupende le pagine dedicate alla donna (“a volte penso che la storia dell’uomo sia la storia del suo amore per la donna”).

Un romanzo che è un viaggio, un’esperienza unica nel suo genere perché non avevo mai letto nulla che gli si possa accostare.

Scrittura potente, evocativa, cruda perché London non risparmia nulla. Talmente potente nella sua forza da rendere pienamente l’immagine del sangue che scorre sul terreno del duello, ma anche il dramma della solitudine sullo sperone di roccia.

Nell’avvicendamento delle continue reincarnazioni, delle citazioni di natura letteraria e filosofica si avverte il desiderio di continuare a vivere le vite che verranno perché la morte, in fondo, è solo il passaggio verso una nuova avventura che verrà.

Ed allora, che cos’è la morte per chi è morto infinite volte?

Nulla. Solo il passaggio ad una nuova avventura. E di lì altre storie. Altre vite.

 


 

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