Cambiare l'acqua ai fiori di Valerie Perrin.

Ho appena terminato la lettura di questo romanzo e mi ritrovo davanti alla tastiera del pc per scrivere le mie impressioni.

Che dire? Violette, la protagonista, è stata non voluta sin dalla nascita. La madre l’ha abbandonata senza lasciare alcuna traccia di sé. Passa da una famiglia affidataria all’altra fin quando si imbatte in Philippe Touissaint. Bellissimo, con i suoi capelli biondi, gli occhi azzurri e la sua aria da cattivo ragazzo. Violette non ha neanche diciott’anni, lui ne ha dieci di più, quando rimane incinta e vanno a vivere insieme.

La vita di Violette si colora dei colori più belli grazie alla piccola Leonine. Violette la ama di quell’amore che lei non ha mai ricevuto. Non fa mancare nulla alla sua bimba. La adora.

Il marito è distratto, preso dalle sue mille amanti, svogliato nel lavoro.

Arriva però un momento terribile in cui il destino spariglia le carte e Violette si ritrova travolta, sconvolta, colpita, annientata. Nulla ha più senso. La sua vita così come era non vuole viverla più. non ha più ragion d’essere. Il suo sole è tramontato.

Che cosa fare allora? Lasciarsi affogare, smettere di respirare. Eh si, i polmoni continuano a respirare autonomamente anche quando la testa vorrebbe ordinare loro di smetterla. Di farla finita. Ma loro no. Imperterriti continuano.

Questo romanzo narra di amicizia, quell’amicizia pura che guarisce le ferite e cerca di lenire il dolore anche quello più atroce. Un’amicizia stupenda proprio perché senza doppi fini se non se stessa.

È un romanzo che parla d’amore, quello unico tra genitori e figli. L’amore disinteressato e quello elargito per legare, tarpare le ali e tenersi i figli ancorati addosso. Quasi fossero sempre bambini.

È un romanzo che ha elementi gotici “i soli fantasmi a cui credo sono i ricordi, reali o immaginari che siano” con Violette Touissant che diventa guardiana di cimitero e tiene il diario delle esequie.

Cambiare l’acqua ai fiori è un romanzo corale con tanti personaggi che intrecciano le loro piccole, grandi storie a quella di Violette in un mirabile intreccio realizzato ad arte. L’avvocato Gabriel Prudent e Irene Fayolle; Reine Ducha che dicono appaia sul ciglio della strada ai viaggiatori, la giovane Diane de Vigneron, prima ospite del cimitero.

Cambiare l’acqua ai fiori è la meccanicità di un gesto che con il suo ciclico ripetersi porta a fare un passo dietro l’altro e a camminare. A uscire dal senso di annientamento e spossatezza che ha avviluppato le membra.

 Cambiare l’acqua ai fiori è la storia di una rinascita che parte da un piccolo, semplice gesto che però, forse, può salvare la vita alimentando il desiderio di continuare a vivere e non a lasciarsi vivere.

“Essendosi spenta la vita principale il vulcano era morto, ma sentivo crescere dentro di me ramificazioni e controviali, sentivo quel che seminavo. Eppure la terra di cui ero fatta era molto più povera di quella dell’orto del cimitero, era una pietraia. Ma un filo d’erba può crescere ovunque ed io ero fatta di quell’ovunque”

Un romanzo delicato, potente, che muove e commuove pieno di riferimenti alla letteratura, al cinema di Truffault e di Eastwood. 

È una storia bella e triste che ho amato anche se mi ha strappato qualche lacrima. Violette, piccola eroina del quotidiano, fine miniatura della vita che torna alla vita strappandosi alla morte.


 

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