Il Colibrì di Sandro Veronesi



Il romanzo, vincitore del Premio Strega 2020, narra la storia di Marco Carrera- il colibrì- e della resilienza di cui si è fatto scudo per affrontare la sua vita. 
Una vita che gli ha donato molto, moltissimo, dolore ma anche qualche gioia. La figlia Adele e la nipote Miraijin, tra tutte. 

Perché il colobrì? Perché come il delicato uccellino Marco, da bambino, era piccolo di statura. 
Il romanzo racconta la vita di quest’uomo costellata di grandi dolori, dalla perdita della amata sorella, passando per la morte dei genitori all’allontanamento del fratello che si ostina a non rispondere alle sue lunghe mail, e dell’amore corrisposto ma mai vissuto nel suo potenziale divenire per Luisa, la donna che Marco amerà per cinquant’anni e alla quale lo legherà una lunga corrispondenza epistolare.
La narrazione segue diversi piani temporali: quello presente, la rievocazione di eventi del passato e, da ultimo, le lettere indirizzate a Luisa e le mail al fratello Giacomo. 
Si alternano vari personaggi finemente delineati che offrono molti spunti di riflessione: lo psichiatra Carradori, l’Innominabile, i genitori, la tormentata e mai dimenticata sorella Irene, la moglie Marina, spezzata da seri problemi psichici, la figlia Adele, Miraijin con la sua aurea da Uomo nuovo che aiuterà il mondo e Luisa, amatissima nonostante tutto.

La vita segue strade tutte sue particolari e vie che rimangono oscure ai diretti interessati perché li pone davanti a situazioni impensate ed impensabili e a sfide che, a volte, non si è neanche in grado di accettare. 
E’ così che Marco si ritrova a crescere da solo sua figlia Adele, una ragazza stupenda che riempie la sua vita e che un giorno gli comunicherà di attendere un figlio. L’uomo nuovo, lo chiama. 
Lo cresceranno insieme, lei e Marco che è così bravo a ricoprire il ruolo paterno. Marco ne è lusingato, è felice di avere questa figlia che lo ama di un amore così profondo e si ritrova a ripensare alle parole di Giovanni Della Croce: 

“per andare dove non sai, devi passare per dove non sai”.

Lo farà. Crescerà l’uomo nuovo insieme alla figlia. Non sa come fare ma decide di percorrere questa strada sconosciuta.
Ma il carico di dolore che Marco porta sulle sue spalle è destinato a fermarsi ad una nuova stazione per aggiungerne dell’altro, ben più pesante e schiacciante. Il dolore che, imperterrito, avviluppa Marco lo costringerà a cercare di superare il vuoto che ha nel cuore tentando, almeno, di riempirlo.

“ha dei circuiti preferenziali, il male, o si accanisce a caso?”

La vita di Marco, il colibrì, non lascia indifferenti e ci si ritrova a prendere le sue parti, a immedesimarsi in lui e nel dolore straziante che lo ha travolto. Un dolore per spiegare il quale la lingua italiana non ha neanche un vocabolo a disposizione. Bisognerebbe coniarlo. Siamo portati a gridare il nostro disappunto e a dire che no, non è possibile che Marco debba affrontare anche quest’ultima tragedia che potrebbe spazzarlo via ma che poi, per fortuna, non lo fa perché lui si guarda dentro e combatte. Pur restando fermo, combatte.
 
Sullo sfondo del nuovo imponderabile dolore, Luisa arriva a comprendere che Marco è davvero un colibrì, non per la ragione per cui gli era stato attribuito quel nomignolo ma perché mette tutta la sua energia nel restare fermo.

“settanta battiti d’ala al secondo per rimanere dove già sei. Sei formidabile in questo, riesci a fermarti nel mondo e nel tempo intorno a te, certe volte riesci addirittura a risalirlo, il tempo, e a ritrovare quello perduto, così come il colibrì è capace di volare all’indietro. Ecco perché starti vicino è così bello”

Questa sua natura di colibrì, capisce finalmente Luisa, le ha impedito di riuscire a stare con lui. Perché per stare con un colibrì devi essere capace di restare ferma e lei non c’è mai riuscita.
Marco è una persona la cui vita è stata messa a dura prova dal dolore per far fronte al quale ha sviluppato una singolare resilienza. 
Ha cercato di reagire in modo positivo ai suoi traumi riorganizzando la sua vita dinanzi alle numerose difficoltà che lo hanno messo a dura prova. Ha cercato di non lasciarsi trascinare come una foglia al vento e di andare avanti.
Marco è un uomo qualunque, come potrebbe essere ognuno di noi ed è proprio per questo motivo che si arriva a provare tanta partecipazione ed empatia per il suo dolore. 

Siamo tutti con il fiato sospeso di fronte a quel “perché proprio a me?” Perché, a prima vista, a questa domanda non c’è risposta. Ma poi Marco comprende che tutto accade per uno scopo: il suo è crescere l’uomo nuovo. Miriajin. 
Quello di Veronesi è un romanzo intenso che travolge con la sua forza dirompente. È un romanzo che commuove e smuove qualcosa dentro. Un inno alla vita e ad andare avanti, facendo appello ad ogni minimo granello di forza che abita in noi. Perché la vita è così e dobbiamo reagire. Nonostante tutto. Nonostante tutti. Fino all’ultima scena in cui compaiono tutte le persone più importanti della vita di Marco in un ultimo, doloroso, valzer degli addii.

Romanzo struggente e stupendo consigliato a coloro che non si danno per vinti e guardano al futuro, spezzati, dilaniati, doloranti, ma con lo sguardo pur sempre avanti. Come Marco, l’uomo qualunque, che è riuscito a sopravvivere al dolore. Anche a quello più estremo.
Perché, si sa, nell’uomo l’istinto fondamentale è quello alla sopravvivenza. 
E perciò “preghiamo per lui, e per tutte le navi in mare”.


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