Rosamund di Rebecca West (volume III)

Il terzo capitolo della saga è dominato da una profonda malinconia per ciò che è stato e non è più. 
Rose e Mary, Nancy e Richard Quin non saranno più bambini che mangiano castagne davanti al fuoco dopo essersi lavati i capelli.
Le persone scomparse fanno avvertire la loro presenza pur nella ineluttabile assenza e continuano ad essere partecipi della vita di chi è sopravvissuto. 
La musica domina incontrastata anche questo terzo capitolo accompagnando e avvolgendo la storia con le meravigliose note. 

“Per me la musica è il contrario dell’inferno: è l’annullamento del male”

Le gemelle, provate ulteriormente dall’allontanamento della cugina Rosamund trasferitasi all’estero dopo aver sposato un uomo ricco ma volgare, si appoggeranno l’una all’altra per andare avanti. 
Avranno però un atteggiamento completamente diverso: Mary tenderà a ripiegarsi su se stessa; Rose invece farà una nuova scoperta.
Rose, presa dalla malinconia, guarda al passato e non riesce a non avvertire il senso straziante della perdita delle persone che più ha amato

“stavo riposando, eppure non stavo riposando, ero felice, ma ero disperata, cioè ero viva. Condividevo la pace dei morti, e tuttavia ero esiliata dalla morte in quello stato dove mi dondolavo in equilibrio”

Dilaniata da questo dolore profondo che scava inesorabile dentro di lei, Rose giunge alla conclusione di non poter amare

“non potrei avere nessun innamorato. Non posso amare nessuno a eccezione delle persone che amo da quando sono bambina. Mio padre. Mia madre. Richard Quin, che sono morti. E Mary. E Rosamund. Ci sono altre persone che amo: Kate, che conosci e la vecchia signorina Beevor e tre persone che gestiscono un pub sul Tamigi”

Molto toccante l’incontro con il signor Morpurgo che negli anni è diventato una figura di riferimento per le due ragazze. E così Rose, la piccola Rose che non riusciva a spiegarsi come la madre potesse amare il padre (come possono due estranei amarsi?) si scopre innamorata

“venne verso di me e io mi irrigidii per il disgusto, ero sicura che sarei morta quando mi avrebbe toccato, e invece, naturalmente, cominciai a vivere”

Si conclude così una saga che ho molto amato per la caratterizzazione dei personaggi, per il clima familiare che si respira tra le pagine, per la delicatezza della West nel presentarceli uno ad uno.
Per le atmosfere che non possono non richiamare alla mente quelle del capolavoro della Alcott, “Piccole donne”
Perché Rose, la piccola Rose che guardava con occhi disincantati la sua famiglia e la sua vita non cambierebbe un solo dettaglio di quello che è stato. Non rinuncerebbe ad una sola delle cose belle che ha avuto. La sua infanzia di bimba povera non le ha impedito di amare completamente i genitori, la gemella e il fratello Richard Quin.
Perché si sentirà la mancanza degli Aubrey. Io la sentirò.


Commenti

Post popolari in questo blog

Stortokkio di Paolo Petraccia

Il vagabondo delle stelle di Jack London

L'isola dell'abbandono di Chiara Gamberale