Le Assaggiatrici di Rosella Postorino

L’idea del romanzo, vincitore del Premio Campiello 2018, nasce dalla lettura di un trafiletto sul giornale che parla di Margot Wolk che, poco prima di morire, ha raccontato di essere stata una delle donne che nel  Wolfsschanze- la tana del lupo- assaggiavano il cibo destinato ad Hitler.
La Postorino, prendendo spunto dalla vita di Margot, racconta la storia di Rosa, berlinese, che si è appena trasferita a casa dei suoceri nella Prussia orientale dopo che il marito Gregor si è arruolato nella Wehrmacht. 
Sprovveduta come cappuccetto rosso, Rosa Sauer finisce nella pancia del lupo: Adolf Hitler. È una delle dieci donne chiamate ad assaggiare i cibi prima che questi vengano somministrati al fuhrer. 
Poco dopo Natale, arriverà una terribile comunicazione con cui la famiglia viene avvertita che Gregor, di anni 34, capelli biondi, alto 1.82, peso 75 kg, occhi azzurri, colorito chiaro, di professione ingegnere, è disperso. Di suo marito, del suo compagno non si sa più nulla.
Qualcosa muore in Rosa che vive in un corpo che non reagisce. Spera quasi che il cibo sia avvelenato perché finisca tutto, una volta per tutte. Ma poi, nonostante lei non voglia, il suo corpo si oppone, vuole vivere perché quello alla vita rappresenta l’istinto fondamentale. Il ritorno alla vita avviene attraverso la relazione con il tenente delle SS Ziegler.

“Uscivo ogni notte per fare l’amore con lui. Camminavo svelta verso il fienile, con la determinazione di chi va incontro a qualcosa di inevitabile. Era una marcia da soldato. Le domande mi si affollavano in testa, le mettevo a tacere; il giorno dopo riprendevano a tormentarmi, ma quando entravo nel fienile erano stracci impigliati in una rete, non scavalcavano il recinto della mia volontà”.

La Postorino, attraverso Rosa, ci pone di fronte ad un dilemma: è possibile amare un nazista? Uno delle SS? Ridere insieme a lui? Accoccolarsi tra le sue braccia?
Dentro quella divisa c’è un uomo con un cuore che batte, proprio come tutti gli altri uomini. E allora, se quello è un uomo, è possibile che Rosa desideri le sue mani, le carezze, i baci, il suo corpo? Quell’odore di fienile che le sarebbe rimasto sempre attaccato alle narici e le avrebbe frantumato le ossa così come solo l’odore di chi abbiamo amato riesce a fare. Riesce a farci.

Del resto, come condannare un amore che ha il potere di farci lasciare l’apnea e tornare, finalmente, a respirare?

Ma lui è un nazista, lei nazista non lo era mai stata. Perché dunque lo ama? Di giorno si trovano a fronteggiare diversi schieramenti. Lei cerca di sopravvivere alla morte affrontando quella paura che entra nella sua vita tre volte al giorno quando accosta alla bocca cibo che potrebbe essere avvelenato. Lui dirige le SS. Rosa cerca di risolvere la questione con il fatto che lui non è il nemico, è tedesco, proprio come lei.
E allora la forte ambiguità tra una passione travolgente e la non condivisione dei valori.

Ho apprezzato che la Postorino ci abbia mostrato “un lato umano” del nemico: siamo abituati a immaginare il nemico come un essere spregevole, eppure, anche lui ha dei sentimenti. Nella coppia Ziegler- Rosa emerge pienamente. Lui, almeno verso di lei, nutre dei sentimenti e si adopera per salvarla. Non così in un’altra coppia di cui pure si parla nel romanzo. Il che consente di far emergere ancor più, per contrasto, il sentimento di Ziegler.

Sullo sfondo di un’epoca storica dominata dalla mancanza del senso di umanità in cui non vi erano certezze se non quella dell’incertezza assoluta, totale.

“da tempo mi trovavo in posti in cui non volevo stare, e accondiscendevo, e non mi ribellavo e continuavo a sopravvivere ogni volta che qualcuno mi veniva portato via. La capacità di adattamento è la maggior risorsa degli esseri umani, ma più mi adattavo e meno mi sentivo umana”

Tutto il romanzo è intriso da un profondo senso di colpa, per avere cibo nella pancia, per essere viva mentre il marito è disperso, per essere una donna che ama e, forse, è a sua volta riamata. 
Al senso di colpa individuale si aggiunge quello collettivo per l’abominio del nazismo. Il senso di colpa del superstite che si interroga sul perché lui sia ancora lì mentre altri no. Altri, o meglio qualcun altro, che forse si sarebbe potuto salvare.

C’è tanta umanità dentro questo romanzo ambientato in un’epoca che di umano ha ben poco, avvelenata com’è dagli orrori di una pagina dolorosa e terribile della storia dell’umanità. Quando basterebbe poco, così poco per salvarsi. 
Con una prosa semplice e di impatto, la Postorino ci mette di fronte alla contraddittorietà dei sentimenti umani, al desiderio di desistere dal tentativo di salvarsi ad ogni costo ma al tempo stesso dalla pulsione indomita alla vita, e al senso di colpa- dilagante e totalizzante- per un destino al quale non ci sì è opposti con abbastanza forza.

Consigliato a chi non teme di addentrarsi nei meandri delle contraddizioni umane e desidera conoscere una pagina inedita della storia mondiale.

Commenti

  1. La figura di Rosa è la vera rappresentazione della vita umana! Donna straordinaria ma dalla personalità complessa: in mancanza del suo uomo, militare nell'esercito tedesco, di cui “non si sa più nulla” (ma non è morto), Rosa, che, da assaggiatrice degli alimenti destinati a Hitler ha la morte al suo fianco, prova a vivere una vita “normale”, pur tra dubbi, contraddizioni e paura, frequentando l’ufficiale della famigerata polizia nazista. Ecco, quindi, che l’amore, ancorché legato al sesso, si esprime compiutamente tra incertezze, tormenti e paure e mette in evidenza che anche “uno delle SS” può avere dei sentimenti.
    Grace, la tua recensione è profondo, chiara e talmente leggibile che… può evitarci di leggere il libro!

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    1. Grazie per aver così profondamente interpretato la mia opinione. La forza di questo romanzo, a mio avviso, sta tutta nella contraddittorietà delle emozioni umani e nella non riduttività al mero incasellamento nella categoria del "buono" o del "cattivo". Anche un cattivo può, in talune circostanze, rivelarsi buono o, comunque, non cattivo.

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