Amore e rovina di Paula McLain


Martha Gellhorn ha ventotto anni, ha appena pubblicato un romanzo che ha riscosso buone critiche e sta cercando di raccogliere i cocci dopo la morte del padre. Non sa ancora bene che direzione dare alla sua vita quando, in un bar buio e vuoto, incontra per la prima volta il suo mito. Lui indossa una maglietta lacera e dei pantaloni corti che paiono essere stati ripescati da un barile di pesce. Ma lei non ha dubbi. È Ernest Hemingway. Il suo idolo splendente. Tiene la sua foto in borsetta come segnalibro e alle pareti della sua stanza al college teneva appesa una citazione tratta da “Addio alle armi”: “non capita mai niente ai coraggiosi”.

Inizia così la conoscenza tra i due che sfocerà in una storia d’amore intensa e appassionata. 
Poco dopo Martha parte alla volta della Spagna come corrispondente per il Collier’s. Trascorrerà un periodo accanto ad Hemingway e se ne scoprirà innamorata nonostante i tentativi di ricacciare indietro i suoi sentimenti. Lui era un amico che non era disposta a perdere in nome di un sentimento che non avrebbe condotto a nulla. Martha è consapevole che Ernest, proprio come il suo precedente compagno, è un uomo sposato che non abbandonerebbe mai la famiglia.

Il rapporto non è dei più semplici tenuto conto della forte personalità e dell’ambizione di entrambi: “perché fingere che l’onore sia importante? Una puttana in tempo di guerra, è pur sempre una puttana, no?” dirà sprezzante Hemingway a Martha. La Gellhorn non sarà da meno atterrita dal pensiero che anche lui avrebbe scritto della guerra civile spagnola meglio di quanto avrebbe potuto sperare di fare lei (“provai un’invidia così violenta che avrei voluto sgattaiolare fuori, sotto il portico, e mangiarmi il fegato. Mentre io stavo ancora aspettando e pregando di trovare la storia giusta per il mio libro, lui ci era caduto dentro in pieno, come se gli fosse stata mandata dal cielo”).
Ma Ernest, la Spagna che crollava e la guerra erano ormai diventati parte della vita e della storia di Martha anche, e forse proprio perché, lei non può trattenerli con sé. I due non riescono a stare lontani e continuano la loro relazione a Cuba ove entrambi si dedicano alla scrittura nella casa che diventa la loro trincea ,“la più bella trincea che fosse mai esistita”.
Martha però vuole inseguire il suo sogno, vuole coltivare la sua passione per la scrittura e il suo lavoro la conduce nuovamente in Europa. 
Hemingway non la prende bene: si sente abbandonato. Vorrebbe che lei gli restasse accanto. Forse, vorrebbe che lei continuasse a pendere dalla sue labbra come agli inizi della loro relazione, soggiogata com’era dalla sua mitica figura. 
Fatica ad apprezzare in lei quella stessa indipendenza che in Spagna gliel’aveva posta sotto una luce positiva. Perché quel fuoco che arde in Martha la conduce lontano da lui, desiderosa com’è di inseguire le storie che vale la pena raccontare. Ma lui non la appoggia, la vuole al suo fianco, sempre.

La McLain tratteggia finemente il personaggio di Martha: donna indipendente, forte e sicura di sé che rifiuta di indentificarsi nel mero ruolo di “moglie di”. 
Anche se il marito dietro la cui ombra rifiuta di nascondersi è Ernest Hemingway, lo scrittore più celebrato e acclamato sul panorama nazionale e internazionale che di lì a poco avrebbe conquistato un Premio Pulitzer e poi il Nobel per la Letteratura.

Che cosa si richiede ad una donna? Qual è il prezzo da pagare per seguire le proprie inclinazioni, i propri desideri? Di certo non si può pretendere che una donna si risolva unicamente nel ruolo di moglie. 
Martha era tanto altro. Era scrittrice già prima di conoscere Hemingway, giornalista e, come la McLain stessa dice, lo sarebbe stata anche dopo Hem. 
È stata la sola giornalista a partecipare allo sbarco in Normandia. È stata una delle più importanti corrispondenti di guerra del XX secolo spingendosi fino ad oltre ottant’anni sui campi di battaglia per dare voce alle persone comuni, ai derelitti, agli ultimi, che erano poi quelli che le stavano maggiormente a cuore.

Il suo sacrosanto desiderio di individualità le ha richiesto un prezzo altissimo. Ma una donna del genere, una con la D maiuscola, non avrebbe potuto prendere decisione diversa.

 “Ernest diceva sempre che c’era una stagione per tutto. Una stagione per amare ed essere amati. Per lavorare e per riposare le ossa e lo spirito. Per sognare e dubitare, per temere e per volare. E allora che stagione era la nostra, se non quella della rovina, della sconfitta assoluta?”

Ci sono amori che hanno una potenza talmente devastante da spazzare via tutto il resto, accecati come sono dalla passione, dall’ambizione, dalla competizione e dal desiderio di ferire l’amato. 
Ferire chi si ama? Sì. Perché, alle volte, l’amore da solo non basta. Non è sufficiente. Ed è così che Martha decide di strapparsi dal cuore Hem. Nonostante il dolore. Nonostante l’amore. Riparte dal suo lavoro.
Stando ai rispettivi biografi, né Martha né Hemingway conobbero la felicità dopo la separazione.

Un plauso alla McLain per aver acceso i riflettori sulla figura di Martha Gellhorn che deve essere ricordata per lo spirito indomito, per non aver rinnegato se stessa e per il suo lavoro. Da ultimo come moglie di Ernest Hemingway. Perché una cosa è certa, Martha non avrebbe mai voluto essere ricordata come una nota a piè pagina nella vita di Ernest. A ragione.

Consigliato a chi ama le persone che sono disposte a qualunque sacrificio pur di non perdere di vista se stesse. Agli spiriti indomiti, come Marthy.


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